Salvatore Giambelluca

L’arte di un allenatore di successo: Max Allegri

Quando l’arbitro fischia la fine della partita Massimiliano Allegri va via. Quasi di corsa abbandona il campo ed entra nel tunnel che porta agli spogliatoi. Che vinca o che perda. «È per lasciare il merito ai miei ragazzi», dice. Parole e gesto che raccontano molto chi sia Max Allegri, l’allenatore.

Massimiliano Allegri è di Livorno. Ha quarantanove anni. Si considera un «uomo di mare». E’ cresciuto al Coteto, quartiere nuovo venuto su dove alla fine degli anni Cinquanta c’erano strade di terra battuta, cascine e covoni di grano. «Sono i posti della mia infanzia, mi piace tornare al bar Ughi per far colazione». Quando era calciatore faceva il centrocampista. Ha giocato in squadre minori, le sue migliori stagioni le ha vissute nei primi anni novanta a Pescara e Cagliari. Dicevano di lui che possedeva un talento calcistico in grado di risolvere le partite ma che fosse anche un po’ svogliato in allenamento. I suoi compagni di squadra lo chiamavano Conte max. Dicono ancora oggi che sia un tipo a cui piacciono molto le donne, a tal punto di non presentarsi all’altare il giorno del matrimonio, quando aveva vent’anni: «Non me la sono sentita».

È il 15 luglio di due anni fa, Allegri si trova in macchina ed è diretto al mare quando alla radio sente che Antonio Conte ha appena lasciato la Juventus con un videomessaggio. Qualche minuto dopo gli arriva una chiamata, risponde: è l’amministratore delegato della Juventus – Beppe Marotta – che gli chiede di andare a Torino. Nel giro di poche ore firma un contratto di due anni con la squadra che ha appena vinto il suo terzo campionato di fila, e che a detta di tutti è cotta.

Insulti, scetticismo, ironia. Allegri viene accolto alla Juventus nel peggiore dei modi. Per i tifosi non è l’allenatore giusto per sostituire L’allenatore che li ha riportati a vincere, colui che incarnava la juventinità, colui che sapeva bene cosa significasse fare parte della squadra più amata e odiata d’Italia. Lo scudetto vinto al Milan è un lontano ricordo, l’esonero in malo modo di pochi mesi prima contro il Sassuolo invece è ancora nella memoria di tutti. Gli unici a credere in Allegri fanno parte della dirigenza Juventus, secondo i critici impreparata e spiazzata dalle dimissioni inattese di Conte e per questo incosciente nell’affidare la squadra ad un allenatore definito da molti non all’altezza.

Alla conferenza stampa di presentazione Allegri è calmo, serafico, determinato. Ai tifosi dice di comprendere il loro scetticismo, che forse nei loro panni avrebbe fatto lo stesso, e che conquisterà il loro rispetto piano piano sul campo, con i risultati. A chi gli chiede se secondo lui la squadra sia a secco di motivazioni risponde citando l’avvocato Agnelli: «Non credo. Nel dna juventino non esiste questa parola. Come diceva l’avvocato “la prossima vittoria è sempre la più bella”».

Conte non sarebbe sicuro di vincere la Champions League nemmeno se avesse in squadra Pelè, Maradona e Zidane nello stesso momento. Allegri è fermamente convinto che con una squadra forte come la Juventus il campionato lo vince facile e in Champions arriva ai quarti. Poi non è detto che lo faccia eh, ma ne è sicuramente convinto.
Il prof. Kantor, scrivendo le differenze tra Conte e Allegri 

Massimiliano Allegri il primo anno parte molto bene. Vince le prime sei partite di campionato tra cui lo scontro diretto con la Roma a Torino. Non fa stravolgimenti tattici, preferisce lasciare giocare la squadra come è abituata a fare, ma con meno frenesia. In Champions League passa i gironi piazzandosi al secondo posto dietro l’Atletico Madrid, ed è proprio in Champions League che si vede la sua mano: mentre in campionato la Juventus sembra avere il pilota automatico, fuori dall’Italia la Juventus capisce che è ora di cambiare qualcosa e Allegri gli dà imprevedibilità, cambia modulo e nel girone di ritorno la squadra si trasforma.

Tutti sono contro la Juve. Ora me ne rendo conto.
Max Allegri il 14 ottobre 2014

Max Allegri sembra un uomo tranquillo, uno che in conferenza stampa non si fa mai assalire dall’ansia. I maître à penser direbbero grande paraculo. Quando attacca gli avversari lo fa sempre con ironia e raramente si mostra dispiaciuto per delle assenze di qualche suo giocatore: «giocherà qualcun altro, abbiamo tanti giocatori bravi», dice spesso. Alla vigilia di partite importanti, come prima dell’ottavo di finale contro il Borussia Dortmund che significa ritorno tra le prime otto di Champions League, Allegri si aspetta dai suoi «una gara intelligente». Intelligente, altra parola che l’allenatore livornese pronuncia spesso, insieme a «tecnicamente»: unendole si crea gran parte del calcio applicato dalla Juventus di Max Allegri.

Il primo anno di Allegri alla Juventus rasenta la perfezione. Vince il campionato con 87 punti, 17 in più dalla Roma – seconda classificata. Vince la Coppa Italia, la decima – attesa vent’anni -, ma soprattutto la Juventus torna in Finale di Champions League, dopo 12 anni. Dopo aver sconfitto 3 a 0 il Borussia Dortmund al Signal Iduna Park con una partita perfetta, la Juve batte il Monaco ai Quarti e il Real Madrid di Carlo Ancelotti in semifinale, dopo due partite molto belle. E’ nella partita di andata contro gli spagnoli che Allegri sfoggia la sua follia calcistica schierando a sorpresa Sturaro a centrocampo e impostando la partita su fisicità e ripartenze contro un Real pieno di giocatori fenomenali tra cui Cristiano Ronaldo, James Rodriguez, Bale. Finisce 2 a 1 a Torino e 1 a 1 a Madrid. In finale c’è il Barcellona di altri tre fenomeni: Messi Suarez Neymar. Senza virgole, come fossero un’unica cosa. E sono proprio loro tre a decidere la partita, nonostante la squadra di Allegri giochi una partita di altissimo livello contro una squadra definita da tutti «di extraterrestri».

All’inizio della sua seconda stagione alla Juventus, Massimiliano Allegri si presenta come al solito sereno e rilassato, nonostante siano appena andati via Pirlo, Tevez e Vidal: tre giocatori di maggiore qualità della rosa. «La vita va avanti», dice, con quel sorriso un un po’ sornione e un po’ beffardo, dicendosi soddisfatto dei nuovi: Khedira, Mandzukic e Dybala. L’inizio non sembra male, vince il primo titolo della stagione a Pechino contro la Lazio in cui fanno gol proprio due nuovi arrivati, poi però qualcosa va storto: la prima partita di campionato è sconfitta contro l’Udinese, non era mai accaduto nella storia della Juventus iniziare così. Il 28 ottobre, decima giornata di campionato, la Juventus va a Sassuolo in un mercoledì di pioggia autunnale: finisce molto male. A guardare la classifica la Juventus ha 12 punti, 11 meno dalla prima. Un inizio di campionato disastroso, tra i peggiori della sua storia. A fine gara il capitano Gigi Buffon farà uno sfogo molto duro verso la squadra: «È un’autoaccusa che mi rivolgo, dobbiamo tornare con i piedi per terra. Con la maglia della Juventus, se non si ha voglia di lottare e sudare, si rischiano figure peggiori che con qualunque altra maglia. Oggi, in una partita importantissima, abbiamo giocato un primo tempo indegno. A 38 anni non ho voglia di fare figure da pellegrini».

«Bisogna avere pazienza, aspettate Natale e vedremo dove sarà la Juventus. Poi mi divertirò io».
Max Allegri in una delle tante conferenze stampa

Per alcuni si stava assistendo alla prima vera Juventus di Allegri, l’allenatore che parte male, e che al secondo anno finisce per rompere le sue squadra. Il campionato sembrava ormai alle spalle, anche solo pensare di arrivare tra le prime tre significava fare una grande serie di risultati: impensabile, anche per una squadra come la Juventus. Eppure Allegri continua a dispensare calma, sia alla squadre che ai critici: «bisogna avere pazienza, aspettate Natale e vedremo dove sarà la Juventus. Poi mi divertirò io». Alla diciassettesima giornata – ultima partita prima della sosta natalizia – la Juventus va a Carpi. Passa in svantaggio grazie a un gol di Borriello, poi rimonta con due gol di Manduzkic e uno di Pogba. Sembra avere la gara in controllo ma nei minuti finali subisce un calo mentale e il Carpi quasi la pareggia. La reazione di Allegri in panchina è furibonda: si toglie il cappotto e lo lancia a terra. E’ uno dei rari – e significativi – momenti in cui Max Allegri perde la pazienza. A fine gara la Juventus è quarta, a soli tre punti dall’Inter, in quel momento prima in classifica. Allegri si può rimettere il cappotto e mangiare serenamente il panettone.

Passata la sosta la Juventus riprende da dove ha lasciato. Inizia il girone di ritorno molto bene battendo Udinese, Roma, Chievo, Genoa e Frosinone con molta naturalezza. Cambia il suo modo di giocare più volte durante la partita e non esita ad adattarsi all’avversario se la situazione lo richiede. Dopo un periodo di adattamento iniziale Allegri si affida a Paulo Dybala, giovane attaccante argentino considerato da molti un fenomeno, che fa una serie di gol decisivi e molto belli: Milan e Roma, per citarne un paio. Anche se il può bello lo farà al Sassuolo, più avanti, che ha ricordato quelli fatti da Alex Del Piero. Il centrocampo ha i suoi uomini migliori: Khedira, Marchisio, Pogba. La difesa è la solita: Barzagli, Bonucci, Chiellini. Quando quest’ultimo si infortuna Allegri chiama un altro giovane da cui tifosi e stampa si aspettano molto: Daniele Rugani, classe ’94, 38 partite l’anno prima con l’Empoli eguagliando uno strano record per un difensore: mai un’ammonizione.

Allegri si crede la risposta italiana a Groucho Marx.
Sempre il prof Kantor

Alla vigilia di San Valentino allo Juventus Stadium arriva il Napoli, fino a quel momento in testa al campionato con due punti di vantaggio proprio sulla Juventus. Prima della partita Allegri dirà: «Sarà una bella partita da affrontare senza ansia, dopo ce ne saranno altre 13. Conta stare davanti a Maggio». La Juventus gioca come in molte altre partite che ha giocato in quel periodo. Non sembra aver fretta, attende e rispetta l’avversario, conscia di avere forza e qualità per fare gol in qualsiasi momento. Il Napoli sembra accontentarsi. E’ una partita molto tattica e prudente, che sembra destinata allo 0 a 0. Poi Allegri manda in campo Zaza, poi toglie Dybala e mette Alex Sandro. E’ un cambio che fece già nel derby all’andata, quando il brasiliano fece l’assist vincente a Cuadrado, in pieno recupero. Per tutti è una mossa difensiva, ma la Juventus a pochi minuti dalla fine fa il gol che significa sorpasso in classifica. Seguiranno altre vittorie, il record di imbattibilità di Buffon, una striscia di risultati utili durata 26 partite, di cui 25 vinte. 76 punti fatti su 78 disponibili. Per gli amanti dei numeri è qualcosa di impressionante, eccezionale.

«D’altra parte ci sono simpatici e anticipi, e io devo essere rispettato, nel mio carattere, posso piacere  e non piacere. Come il vecchio film di Fantozzi, quando il ragionier Filini pesca il pesce ratto e dice: può piacere e non può piacere. E’ uguale».
Max Allegri a chi lo criticava per lo scarso utilizzo di Dybala a inizio campionato

Rivinto il campionato la Juventus rivince anche la Coppa Italia. In finale c’è il Milan che si gioca l’Europa, Allegri incarta la partita come spesso gli capita fare. Annulla gli avversari che nonostante ciò sembrano giocare una buona partita ma che arrivano al tiro in porta soltanto in una circostanza. Si tiene i giocatori in grado di cambiare ritmo alla partita in panchina pronti a farli entrare nel momento adatto. Morata entra nei supplementari, quando per tutti i rigori sono ormai sicuri. La Juventus fa una ripartenza con Alex Sandro e Cuadrado – due dei giocatori subentrati – che si conclude con Morata, l’ultimo ad entrare in campo, che fa gol. E’ doppietta, Campionato e Coppa Italia, come l’anno prima, non era mai accaduto.

Lo vogliono fare passare per scienza, invece non c’è un cavolo di niente di scientifico. È uno spettacolo, e lo spettacolo lo fanno gli artisti. Qui vogliono spoetizzare il calcio, soffocare la creatività: è questo l’errore più grande che stiamo facendo. Se togli la poesia, allora tanta vale giocarsela al computer.
Max Allegri, in un’intervista a Repubblica 

Come sia riuscito Massimiliano Allegri a trasformare una squadra di calcio vincente come la Juventus in una straordinaria forza tranquilla e sicura di sé non è dato saperlo. Ci hanno provato in molti a spiegarlo, analizzando situazioni calcistiche e credi-personali dettati dal carattere dell’allenatore. L’unica cosa certa sono gli ultimi due anni della Juventus come squadra di calcio: 2 Scudetti, 2 Coppa Italia, Supercoppa italiana, finale di Champions League, e poi record, vittorie nei derby in pieno recupero, personalità, tecnica, umiltà, velocità, forza. La Juventus di Allegri è tra le più belle di sempre. Merito di una dirigenza solida e preparata, di una squadra molto forte, ma anche della sua sana follia, e di quel non dimenticare mai che il calcio è uno sport a cui serve dar poesia.

Creo cose per internet, fotografo mari e monti, leggo e scrivo storie.