Dopo anni mi è venuta una voglia matta di abbonarmi a un giornale, oggi mi sono abbonato a La Repubblica+, un servizio molto bello e ben fatto.
Un grazie all’attuale ministro del lavoro, che non nomino perché nella vita sempre meglio l’eleganza.
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Dopo anni mi è venuta una voglia matta di abbonarmi a un giornale, oggi mi sono abbonato a La Repubblica+, un servizio molto bello e ben fatto.
Un grazie all’attuale ministro del lavoro, che non nomino perché nella vita sempre meglio l’eleganza.
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Il mio preferito, il più grande, il più sincero. È triste pensare che non ci sarà più nessuna nuova parola scritta/detta da lui.
“Rimane il fatto che, in ogni modo, capire la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e male e poi male e, dopo un attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando”.
Philip Roth.
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Ho iniziato a scrivere Il tempo di un sorriso a vent’anni, sui sedili degli aeroporti, nelle cuccette dei treni e nei gradoni di alcune stazioni ferroviarie che non esistono più. L’ho pubblicato nel 2013 ed è stato molto apprezzato tanto da spingere l’editore de La Rocca di Carta (Koi Press) a dargli una pettinata e concedergli una seconda vita.
Il tempo di un sorriso è un romanzo breve, la storia del cassetto che raccoglie sogni e amori. Confesso che un po’ mi imbarazza leggerne il contenuto perché penso che avrei potuto scriverlo meglio, ma è molto vero e con pochissime sovrastrutture, come la pagina stropicciata di un diario scritto di pancia.
Mi riempie di orgoglio sapere di gente che ancora oggi lo legge e ne parla bene: la recensione di Daniela Perelli su «Romance non-stop» è bellissima e la ringrazio pubblicamente.
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La strada bruciava. C’era una grande nuvola di fumo che aveva coperto il cielo. L’aria era calda. La strada davanti diventava giallastra, come a guardarla attraverso degli occhiali da sole. Poco più avanti due uomini dell’Anas con l’ausilio di bandiere rosse invitavano gli automobilisti a rallentare. Un albero in fiamme è un’immagine deplorevole. Gli alberi in fiamme sono tanti, troppi, e fanno incazzare. Il fumo entrava all’interno dell’auto, le mani sul volto, gli occhi bruciavano, la visibilità diminuiva mentre le fiamme si avvicinavano. Il viadotto dell’A29 per Segesta a volte è sollievo, a volte è malinconia.
L’estate non è una stagione. Le estati sono storie, attimi, fotografie, viaggi, gioie, dolori, canzonette. Le estati sono asfalti ardenti che percorriamo di corsa, solo non temendo di bruciarsi si riesce a viverle al meglio. Tipo la vita.