Ho amato pochi libri come La ricreazione è finita di Dario Ferrari. In realtà in alcuni tratti mi ha infastidito, irritato, urtato. È esattamente quello che fa un grande romanzo.
Marcello Gori è un trentenne viareggino, ex studente di lettere con una tesi su Kafka, attendista e irresoluto, allergico alle responsabilità della vita adulta, vittima di un torpore esistenziale che lo tiene in un limbo di eterno adolescente. I punti stabili della sua vita sono la cricca degli amici con cui condividere tutto e con i quali annegare nell’acol delusioni e sconfitte, una fidanzata-medico troppo perfetta e troppo ricca, e per antitesi, un padre di cui non vuole ereditare niente, né il carattere, né tantomeno il bar che il genitore gestisce.
Nel mezzo della sua galleggiante esistenza, Marcello partecipa ad un concorso di dottorato in Lettere, pur sapendo di avere pochissime possibilità di farcela. Lo vince, ed è in quel momento che la storia inizia a diventare interessante. L’autore si addentra nei corridoi del mondo accademico popolato da individui di fama estremamente limitata, “che operano in un settore marginale e assolutamente indigente come quello della cultura”, parole dell’autore, e che nondimeno si sentono delle rockstar, con ego e comportamenti commisurati a questa loro convinzione.
Ferrari spiega i meccanismi, il linguaggio e le trame che regolano l’ambiente accademico; con ironia prende in giro gli intrighi, le cordate, le frustrazioni, gli sgarbi. La storia inizia quando a Marcello Gori viene affidato come tesi un lavoro su Tito Sella, un terrorista finito in carcere dove è morto. Marcello, seppure fino a quel momento ne ignorava l’esistenza, si impegna molto in questa prova finendo per provare una profonda empatia con il terrorista-scrittore, tanto da diventarne ossessionato. Ecco che le vite di Marcello Gori e di Tito Sella si incontrano e si intrecciano.
Questo libro è molte cose: è innanzitutto un romanzo sulla precarietà dei giovani italiani di oggi, senza alcuna certezza di occupazione, pieni di nozioni ma privi di preparazione a quel che troveranno (o non troveranno). La ricreazione è finita è un’analisi realistica, disillusa ed impietosa sulle dinamiche interne di quell’università italiana, che è un mondo psicotico affetto da una grave dispercezione della realtà. È inoltre un romanzo nel romanzo, in cui con grande perizia l’autore ci offre un vivido spaccato sugli anni ’70 in Italia, tra Brigate Rosse e bar di paese, tra la volontà di essere protagonisti della lotta e la vita quotidiana di gente comune.
“La ricreazione è finita” di Dario Ferrari è un grande romanzo, seppure impegnativo e non di facile lettura, specie nella prima parte. Un romanzo complesso con ampi riferimenti alla storia e alla società italiana di ieri e di oggi.
«Alle volte uno si crede giovane, ma è soltanto incompleto».