– Stavo pensando ad una cosa.
– A cosa?
– In televisione nessuno parla di libri.
– Eh.
– Nessuno. Cioè forse nel fine settimana, in uno di quei programmi di raitre dove chiamano scrittori che devono promuovere l’ultima uscita.
– Intendi Fabio Fazio.
– Sì, vabbè Fazio chiama i suoi amici o gli amici dei suoi autori. Ma è roba di pochi minuti. Non è un programma di libri.
- – Prima c’era Daria Bignardi…
– Sì, Bignardi ci provava. Chiamava chi scriveva libri e magari finiva per chiacchierare di altro, anche se non era un programma focalizzato sui libri.
– C’era anche quel programma di Geppi Cucciari.
– Quale?
– Sempre su raitre, dove c’erano dei ragazzi che discutevano su un libro in particolare.
– Ah, è vero. Ma non lo fanno più da un pezzo.
– Da prima del covid.
– E comunque quello era più un programma che parlava di grandi classici della letteratura. Si parlava di libri come se ne parlerebbe a scuola…
– E invece?
– E invece io intendo che bisognerebbe parlare di libri come si parla di cinema, o di musica.
– Ma nessuno parla di cinema e musica in televisione.
– È vero.
– Cioè fanno Sanremo una volta l’anno, dove si discute velatamente di musica, una settimana di rottura di cabbasisi ma poi basta. Se togliamo qualche talent musicale non c’è dibattito sulla cultura. Ti ricordi Arbasino?
– Come no? Alberto Arbasino. Mi ricordo quella volta in cui il giovane Nanni Moretti discusse con Monicelli. Puntata cult!
– Attori, registi e scrittori messi lì a parlare tra loro, con il pubblico che faceva domande provocatorie, osservazioni.
– La trasmissione si chiamava Match. Ci sono le puntate su Raiplay, mi pare.
– Sì.
– Comunque, tornando ai libri…
– Torniamo ai libri.
– Bisogna parlare di più dei libri. E’ uno dei pochi e sani modi per staccare gli occhi da uno schermo. E’ un sano modo per restare umani, restare noi.
– Sì…
– Ci sono un sacco di storie che meritano di essere raccontate e fatte scoprire. Libri nuovi, scrittori nuovi, giovani e meno giovani. Facciamoli conoscere, parliamo di loro e dunque di noi.
– Leggere non piace a tutti. Non è facile.
– Non sono d’accordo. Bisogna sfatare il mito che leggere sia noioso. Questa è una grande minchiata, perché non è così. Bisogna battersi per questa cosa.
– Su Tik Tok i libri vanno forte…
– Ho saputo. Io però non vado su Tik Tok perché lì si sfrutta tutto come strumento per diventare virali, anche i libri.
– Quindi non ci vedi sincerità.
– No, cioè non lo so.
– E quindi?
– E quindi non lo trovo un dibattito costruttivo. Non si approfondisce.
– Vabbè ma l’importante è che se ne parli. Se da domani si parlasse di libri in televisione, non puoi sindacare il come. Bisogna trovare un modo per far diventare l’argomento intrattenimento.
– Non lo so…
– Probabilmente Tik Tok è uno strumento poco incline al dibattito, per quello forse è meglio Youtube. Ma i ragazzi sono lì e non si può ignorare. Prendi Repubblica…
– Che fa Repubblica?
– Robinson, l’interto, è ormai per metà dedicato a Tik Tok. Dà visibilità ai book influencer, lascia perdere Fazio. Le case editrici ormai invitano gli autori a far parte di quella comunità.
– Quindi pensi che non si vedranno mai i libri in televisione…
– Io penso che non si vedrà più la televisione. Almeno non come la intendevano i nostri genitori.
– Io guardo poco televisione, pochissimo, di rado cose in diretta. Però mi piace l’idea di un programma sui libri.
– Non accadrà mai, e forse questo è un bene…
– …
– La letteratura resterà un bene per pochi, poiché non si limita ad offrire ma pretende in cambio la nostra attenzione. Il libro è forse la cosa più difficile da vendere.
– Su questo punto forse hai ragione. Ma credo che bisogna fare qualcosa per aiutare l’editoria, le librerie. Divulgare il più possibile la lettura.
– Non sarà certo la televisione a salvare la letteratura. Ci penseranno i libri a salvare se stessi, con lo strumento più vecchio e naturale.
– E quale sarebbe?
– Il passaparola.