Circa un anno fa, di ritorno a casa, mi fermo nei pressi di una rotonda per dare precedenza ad una serie di camper della Rai che salgono verso Erice. Alcuni giorni dopo, esce la notizia che proprio nel borgo trapanese sono iniziate le riprese del nuovo film di Roberto Andò su Pirandello: “ad interpretare il drammaturgo siciliano sarà Toni Servillo, con lui Ficarra e Picone”. C’erano tutti gli ingredienti per esclamare un gigantesco “minchia!”.
La Stranezza è uscito nelle sale la scorsa settimana e sta andando molto bene al botteghino (cosa non scontata di questi tempi). La storia si svolge negli anni venti, con Pirandello che torna in Sicilia per incontrare l’amico Giovanni Verga, ma al suo arrivo una spiacevole notizia lo porta a conoscere due becchini con la passione per il teatro, che lo guideranno in un mondo che aveva dimenticato, quello che incrocia arte e realtà, tragico e comico, linfa vitale per il processo di creazione artistica.
La mano del regista è perfetta: Andò crea una confusione più o meno organizzata, e ne viene fuori una fusione mirabile che sostiene un insolito e modernissimo equilibrio tra divertimento e ritmo: perfetta osservazione e rielaborazione della realtà. Andò non eccede e non scivola in banali trasposizioni, piuttosto affida una parte della storia ad ogni personaggio, anche minore.
Il film è un costante e proficuo scambio fra autori e attori, pubblico e artisti. Il tutto sotto gli occhi di un Pirandello errante che accoglie l’imprevisto, se ne nutre come di una sporcatura vitale capace di rompere la barriera fra rappresentazione e pubblico.
La Stranezza è secondo me un film riuscito in più punti, merito di un Toni Servillo mai fuori dallo spartito, oltre che di due talenti istrionici come Salvo Ficarra e Valentino Picone che ormai meritano una definitiva consacrazione come attori a tutto tondo. Da sottolineare anche la piccola ma sublime parte affidata a Luigi Lo Cascio, chiamato a chiudere un cerchio dalla forma elegante e ricercata, come un’opera letteraria.
Il film è recitato quasi interamente in dialetto, i dialoghi più difficili da comprendere sono sottotitolati, ma parafrasando Luigi Pirandello: questo film non spiega, vive.