Le mie mani sono ferme a domenica sera, quando con in mano una penna cerco di scrivere una domanda, una semplice domanda che non sia banale e nemmeno piena di parole: insomma una domanda da fare a Brunori SAS.
Cos’è Brunori SAS? Chiede un bambino a voce alta che in compagnia della madre attraversa la lunga fila di gente fuori da I candelai. Nemmeno mia madre sapeva chi fosse Dario Brunori. E’ un cantautore, le ho detto con la voce di un bambino.
Ho conosciuto artisticamente Brunori alcuni anni fa, quando approdato su Spotify ho iniziato ad ascoltare musica che le radio non passavano. In un particolare periodo della mia vita ascoltai “Arrivederci Tristezza”, sperando avesse il potere di allontare sul serio la tristezza: fu subito amore.
“Milioni di libri non servono a niente
Se servono solo a nutrire una mente, che mente”.
Brunori ha quarant’anni, è un ragazzo del sud che prima di diventare musicista ha fatto – anche – il parcheggiatore. Si è preso una laurea in economia e poi l’ha usata per scrivere canzoni su excel, canzoni che parlano di donne e uomini, di paure, gioie e amori, e anche della società che circonda tutto ciò.
“Vivere come nuotare
Ci si può riuscire soltanto restando a pelo del mare
D’altronde non si può tacere
La voce che dice che in fondo a quel mare
C’è un mondo migliore
E proprio quel giorno ti viene la voglia
Di andare a vedere, di andare a scoprire se è vero
Che il senso profondo di tutte le cose
Lo puoi ritrovare soltanto guardandoti in fondo”
Il talento più grande – dopo la scrittura – di Brunori è secondo me l’uso dell’ironia: non tutti la posseggono, e chi ce l’ha non è detto che sia in grado di usarla. Le sue canzoni hanno sempre un tono, quel tono, il suo tono. Brunori sì riconosce. Ha capito che non è questa l’epoca del prendersi troppo sul serio, che in fondo il suo lavoro non è altro che divulgazione artistica, condivide pensieri attraverso la musica, cantando e pensando – ma non troppo – che le parole possano aiutare la vita di chi le ascolta.
“Dopo vent’anni a dirsi ancora di sì
E stai tranquilla sono sempre qui
A stringerti la mano
Ti amo
Andiamo”
Domenica Brunori ci ha raccontato Cip, il suo ultimo album, lo ha fatto guarandoci in faccia. Prima ci ha chiesto di scrivere delle domande su dei biglietti, dopo le ha lette a voce alta e ci ha risposto come avrebbe fatto un amico. “Un album che prova a raccontare l’amore con disinvoltura”, ci ha confessato. Ed in effetti Per due che come noi è una canzone bellissima. È poesia. Parla di due persone che si amano da vent’anni, e che tra abbracci e scazzi sono ancora lì, a stringersi per mano. Il pezzo si conclude con lui che canta “Ti amo”, come fosse una parola qualsiasi: “noi siamo quelli di due per come noi”, gli dico all’orecchio mentre lui sta per firmarmi il disco, “allora scrivo Per due che come voi…”, replica con un sorriso rivolto verso Laura.
Ho amato follemente La verità, l’album precedente, un disco contro la paura, che suscita interesse per il mondo. Cip è un album che ti dice di soffermarti un attimo sulle cose belle della vita, di amare senza troppi patemi, di mangiare e bere, di fare l’amore, giocare, e sopratutto quel messaggio che Brunori prova a dare ad ogni suo lavoro: vivere, sempre e comunque, anche nelle difficoltà, trovandoci – se ci si riesce – una cosa buona, e se non ce la si fa pazienza, ci proveremo domani.
Caro Dario, oggi mi sento un bambino e
ti vorrei chiedere, vuoi giocare con me?Salvatore