Ciao cara,
sono Salvatore. Forse ci conosciamo già. O per meglio dire: ci conosciamo ma non ci siamo mai presentati ufficialmente. Ci vediamo, ci sentiamo, ci frequentiamo in silenzio. Soprattutto: ci guardiamo. Tra i due sono io quello che ti osserva di più. Mi piace osservarti. Mi piaci la mattina presto quando ti risvegli lentamente ma mi piaci da pazzi anche la sera, quando ti fai bella per uscire, quando passeggi per il centro e ti fai guardare con quell’aria un po’ naïf che cattura tutti.
Ti conosco, cara. Ci siamo visti per la prima volta più di trentadue anni fa, io ero poco più di un essere vivente e tu facevi già parte della mia vita. Mamma mi racconta spesso di quando la mattina presto si affacciava dal balcone a respirare il profumo di gelsomino che inebriava l’aria. Eri tu. Iniziavi a corteggiarmi, a farmi capire quanto bella eri.
Per un pezzo di vita ci siamo persi. Io sono cresciuto osservando e frequentando altre: mi hanno amato, le ho amate, è stato bello. Poi però sei arrivata tu. Sei tornata, tu. Sei venuta a cercarmi. Hai bussato alla mia porta abbattendola. Sei entrata prepotentemente nella mia vita nel momento giusto. Mi hai mostrato l’amore. Il vero, amore. Quello che ti fa toccare il cielo e che ti sbatte a terra facendoti piangere dal dolore. Pochi cazzi: questo è, l’amore. Me lo hai fatto capire in tutti i modi, con le buone e le cattive.
Mi hai fatto conoscere l’amicizia, quella che abbatte i pregiudizi e che si fida degli occhi. Mi hai fatto conoscere le busiate cu l’agghia, le genovesi, i cannoli di Dattilo, e il tuo mare che vivrei tutti i giorni.
Mi hai mostrato che nulla è impossibile e che le terre difficili non esistono, esistono i cieli da fotografare.
Grazie cara Trapani,
oggi mi sento di ringraziarti pubblicamente. Mi hai migliorato la vita. Mi hai dato Laura, e te ne sarò sempre grato.