È stata la staciùni più calda della mia vita. Senza dubbio. Il motivo è principalmente uno: la vita stessa.
Lungi da me scrivere righe che scriverebbe meglio Paulo Coelho, diciamo che i miei riferimenti culturali sono altri, però ci tenevo a scrivere alcune cose riguardo a questa «staciùni» (che suona benissimo detto dalla punta occidentale della Sicilia), ci tengo perché ogni tanto è giusto imbrattare i muri di parole, l’importante è che non siano noiose.
Uno dei miei riferimenti – Woody Allen (che di noioso non ha nemmeno i capelli) – disse una volta che «La vita è sostanzialmente tragica ma qualche volta riesce ad essere meravigliosa», e provate voi a dargli torto. Io per esempio, fino all’anno scorso vivevo una vita scritta da un sadico che faceva il commediografo (sempre per citare il genio), una di quelle che una serie tv di tre stagioni non basterebbe, poi ad un certo punto c’è che anche le serie tv più appassionanti finiscono, e arriva il momento di vivere un’altra storia, cioè la tua, quella che non hai tempo di condividere su instagram, quella che afferri, che non aspetti diventi migliore, che non ti dà tempo di pensare: la vita, insomma.
È stata la staciùni della gente: venghino i folli e simpatici fuori i noiosi e petulanti; le soddisfazioni, le occasioni, i primi posti in classifica, i sorrisi e le strette di mano, le passeggiate al mare quando ci va, i tanti chilometri, le cose-non-fatte perché non mi andava farle, i baci negli angoli più remoti dell’orologio.
«È stata la staciùni dell’amore», scriverebbe Coelho suggerito magari da Tornatore, io oserei scrivere un più mediocre: «è stata la staciùni della felicità», bello grande ché si deve vedere anche dal cielo.