Io non lo so com’è voler bene ad un luogo.
Ne ho vissuti troppi, fin dall’età di sette anni, da quando ho iniziato a girare per il lavoro di mio papà. Molti amici persi troppo in fretta, scuole diverse, tanti insegnanti, un sacco di accenti. Ho imparato a non affezionarmi alle case, alle strade, ai compagni con cui giocavo.
Ho girato tanto e continuo a farlo. Per questo motivo mi considero uno zingaro. Nonna al telefono prima di chiedermi come sto mi chiede dove sono.
«Cusciulere», mi urla ridendo.
Inseguo costantemente sogni, amori, parole. La bellezza dei luoghi sta tutta nel non appartenere a nessuno.
Poi un giorno capita di inciampare, e che per rialzarsi le proprie forze non bastino, c’è bisogno delle mani di qualcun altro, sperando che siano abbastanza forti.
Palermo ha delle mani robuste, solcate da storie e colori. Non è facile capirla, accettarla, cambiarla. Ha un’anima zingara: è tutto e ovunque. Non si innamorerà mai di te, semmai avverrà il contrario, ma offrirà sempre le sue mani per tirarti su. È per questo motivo che potrò fare il giro del mondo, ma tornerò sempre ad abbracciare l’unico luogo che asserisce di essere casa mia.