La prima volta che mi rattristai perché un calciatore lasciò la Juventus fu circa vent’anni fa, avevo da poco finito gli esami di quinta elementare: Gianluca Vialli dopo aver sollevato la prima (e unica) Champions League da me festeggiata se ne andò.
Lo scoprii dalla televisione. Ci restai malissimo, tipo che mi passò l’appetito e feci sbattere la forchetta sul piatto: per me Vialli era un idolo, il primo vero idolo, provavo le sue rovesciate nel letto di camera mia, inseguivo la sua figurina ad ogni pacchetto che mio padre mi comprava. «Perché è andato via?»; «E ora senza Vialli come sarà?»; «Adesso chi sarà il mio idolo?»; «E la Juventus esisterà ancora?».
Vialli andò a giocare in Inghilterra, al Chelsea, lo venni a sapere dai giornali, che iniziai a comprare proprio quell’estate. Fu in quel periodo che iniziai a conoscere bene il mondo del calcio, ad approfondire questioni che fino ad allora ignoravo.
Vialli lo rividi in televisione qualche mese dopo, indossava una maglia gialla (la seconda-maglia del Chelsea di quell’anno), e non mi fece né caldo né freddo. Niente. Non mi dispiacque, non mi incuriosì, fu come rivedere un vecchio compagno di scuola imbruttito e triste. C’entrava forse che nella mia vita fosse entrato prepotentemente un ragazzo che faceva dei gol bellissimi a giro sul secondo palo poi definiti da tutti: «i gol alla Del Piero»? C’entrava forse che proprio quel ragazzo illuminava i miei occhi ogni volta che toccava il pallone e mi portò a gioire come un matto per un gol visto all’ora di pranzo perché dall’altra parte del mondo e che fece urlare al telecronista «la Juventus è Campione del Mondo?», forse.
Quasi vent’anni dopo, anche a quel ragazzo toccò di lasciare la Juventus, e anche quella volta ci restai male, malissimo: piansi durante quell’ultimo giro di campo. Eppure, mesi dopo, ero già felice di esultare per il gol di qualcun altro, di innamorarmi di altri uomini in pantaloncini che calciavano un pallone. Perché questo è il calcio, questo è lo sport: «la vittoria più bella è quella che deve arrivare».
Sciaquandomi la bocca, ti faccio un grosso in bocca al lupo.
«Fino alla Fine».