Una cosa che da piccolo mi imbarazzava molto era entrare in casa di sconosciuti. Che poi questi sconosciuti fossero anche dei familiari-a-me-poco-familiari era uguale. Iniziavo a camminare in punta di piedi e muovermi con circospezione, osservavo tutto-tutto: dai quadri storti agli orologi e pure le fotografie e mi sedevo sempre in punta e figuriamoci se accettavo qualcosa cortesemente offertami: «al massimo un bicchiere d’acqua fresca, grazie».
Mi sono sempre portato dietro questo senso d’intrusione, anche se mi trovavo dai miei nonni, «fai come se fossi a casa tua» è una frase che non mi è mai appartenuta, non fa per me, perché io ci ho messo trent’anni per sentirmi a mio agio a casa mia figuriamoci se mi permetto di esserlo altrove.
Oggi sono entrato a casa di una signora sconosciuta: una donna alta coi capelli bianchi ben tenuti e un girocollo di perle. Mi vede seduto sulle scale che portano al suo pianerottolo mentre esce dall’ascensore reggendo una borsa con l’avambraccio. Mi riconosce: «è il ragazzo che lavora al terzo piano, cosa fa fuma?». Avrei voluto risponderle che avessi avuto una sigaretta l’avrei fumata volentieri, ma siccome sono io e non James Stewart ne La Finestra sul Cortile rispondo semplicemente di no. «Le va un caffè?», mi chiede. Mi dà del lei, segno che per me i vent’anni ormai sono solo un ricordo e che l’educazione è cosa importante.
Ora. Io a quel punto sarei pure andato via, avrei risposto con un «no grazie la mia pausa è finita e devo tornare a farmi martellare i cabbasisi da sconosciuti», ma siccome oggi era oggi e non ieri, ho accettato l’invito, senza nemmeno pensarci molto, come un villano-scroccone che si intrufola a casa delle vecchie.
La casa è ricca di personalità e buon gusto. Ci sono molti mobili tirati a lucido che reggono cose, e poi libri, fotografie, poltrone. La signora mi fa accomodare in salotto e mi domanda subito che cosa caspita facciamo al piano di sopra: «siete di quelli che truffa la gente?», mi chiede con tono severo. Ecco, una cosa che di solito mi avrebbe intimorito più di quanto io sia già intimorito di mio nei confronti della gente era questo tono deciso e diretto, oggi però era oggi e non ieri ed io ne sentivo proprio il bisogno. «No signora, noi la gente l’aiutiamo», rispondo manco fossi la buonanima di Veronesi.
Vi siete mai chiesti del perché vi trovavate in quel posto in quel preciso momento? Spero non vi capiti spesso, perché sono dell’idea che per vivere appieno gli attimi è meglio non soffermarsi a pensare. Oggi mentre aspettavo la signora che tornasse dalla cucina con in mano il vassoio che reggeva due tazzine e una zuccheriera mi sono chiesto cosa minchia ci facessi in quella casa, a chiacchierare con una signora sconosciuta che mi ha gentilmente offerto un eccellente caffè, e la risposta ovviamente non c’è, perché mica si può sempre trovare una motivazione a tutto. Mi bastava essere lì e sapere di vivere in una terra che offre caffè agli sconosciuti.
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