C’è questo tizio espansivo che parla a voce alta intrattenendo la fila. È siciliano. Dice che vive in Sardegna da venticinque anni, poi si corregge: «ventiquattro, per l’esattezza».
È un tipo simpatico, almeno così sembrano dire le risate della fila di imbarco.
Le file di imbarco per la Sicilia sono sempre molto variegate. Ci si trova il tipo estroverso, l’uomo taciturno, la ragazza pensierosa, la signora ringiovanita, un gruppo di giovani paracadutisti.
«Io ho girato parecchio, il mondo lo conosco», dice orgoglioso il tizio siciliano che vive da venticinque-anzi-ventiquattro anni in Sardegna, imita accenti e dialetti: il napoletano e il pugliese gli vengono davvero molto bene, ma quelli pure a me però.
È di Palermo, «di Avusa» dice, che sarebbe la Kalsa per i più. «Io sono di Pallavicino» esclama un parà con fierezza, dando inizio a un «di che zona di Palermo sei?» che fa molto presentazione da camerata.
Ha anche una cultura, il tizio, mica è un Brignano qualsiasi: cita Federico II vantandosi che noi del nostro dialetto dovremmo esserne fieri perché ha dato l’inizio alla lingua italiana. «Lo ha ammesso pure Dante», spiega ai più giovani.
Il tizio è brillante, il suo ego è robusto: si assiste a uno spettacolo di cabaret in piena regola, lui perfettamente nella parte. Se la crede molto, direbbero quelli che dicono cose cattive. Io ce l’ho vicino, e sorridere – oltre che un gesto di buona creanza – mi serve non poco visto il momento-partenza.
Ormai la fila è tutta per lui, decide così di sfoggiare il repertorio con la complicità di una giovane sarda al suo fianco: imita tre modi di dire una frase in tre differenti dialetti sardi. L’approvazione della giovane donna accresce la sua padronanza del palco. Gli manca solo un applauso che però non arriva.
Bravo è bravo questo tizio, non c’è che dire. I suoi racconti pieni di aneddoti sono interessanti, i monologhi sembrano aver catturato la stima dei presenti. È un tripudio della risata, del «sei un mito, compà».
Arriva l’ora dell’imbarco, molti iniziano a dargli le spalle e un mormorio tagliente mi arriva all’orecchio: «Speriamo che questo simpaticone non sia seduto vicino a me sennò minchia mi butto dall’aereo», uscito dal petto di un uomo che fino a un attimo prima sghignazzava.
Perché la simpatia è bella, ma un viaggio silenzioso lo è di più.