Il figlio del boss anziché emigrare verso altri pianeti decide di scrivere un libro sulla sua “famiglia”, per far sapere al mondo che suo padre – oltre ad essere un mafioso assassino pluriergastolano -, era anche un buon padre che non gli ha mai fatto mancare niente.
Il figlio del boss, intervistato dal Corriere della Sera, non dice nemmeno una parola corretta, al posto giusto, ci tiene a non rinnegare niente, non condanna, più volte sottolinea che lui di mafia non parla, non ne sa nulla, e che da anni purtroppo non gli è possibile accarezzare il viso del padre.
Il figlio del boss, condannato a sua volta per mafia, viene invitato nella televisione di stato per una marketta indecente in uno dei salotti più “prestigiosi” del panorama giornalistico televisivo.
Coloro che definiscono tutto ciò giornalismo, non sanno forse che a chi cercava di fare del vero giornalismo la mafia lo ha ucciso: Giuseppe Impastato, Mario Francese, Mauro Rostagno, (e potrei continuare per altre decine di righe).
La mossa di Bruno Vespa e i suoi collaboratori nell’invitare il figlio del boss in occasione dell’uscita del suo libro non è solo da considerare di pessimo gusto, ma anche inopportuna e fuori luogo, nonché irrispettosa verso i familiari delle persone che hanno combattuto la mafia in passato al costo della propria vita e verso chi ancora oggi la combatte ogni giorno.