Ad un certo punto della loro vita Mick Jagger e Martin Scorsese si sono seduti, a cena magari, e dopo diverse bottiglie di vino hanno deciso di fare un film, anzi no, meglio una serie tv «ché oggi quelle funzionano», ed ecco che nasce Vinyl, un nome perfetto, un racconto degli anni ’70, i gloriosi – e sporchissimi – anni del rock’n’roll, della droga, del mondo che cambia più in fretta dei protagonisti.
Vinyl ruota intorno alle vicende di un produttore italo-americano, interpretato da Bobby Cannavale, sposato con la meravigliosa Olivia Wilde, che fa di tutto per raddrizzare il marito tenendolo lontano da alcol e droga. Lo sfondo è New York, i locali cupi, gli uffici con i divani tappezzati, i dischi appesi alle pareti come trofei da esibire. In Vinyl ogni scena è studiata al millimetro, confezionata in una fotografia nitida e avvolgente, e con un taglio cinematografico. La colonna sonore neanche per dirlo è eccellente, curata personalmente da Mick Jagger – produttore esecutivo.
I personaggi sono cattivi quanto basta per nutrire simpatia, sono affascinanti, matti, marci, corrotti. Si muovono tra radio e studi musicali, tra camere da letto e marciapiedi. Il tutto seguendo sempre quella cosa chiamata musica, che si respira in ogni frame.
La storia di Vinyl fila dritto come un romanzo che cattura il lettore, Terence Winter (per chi non lo conoscesse ha scritto tra le altre cose I Soprano e The Wolf of Wall Street) crea un soggetto con infinite sfumature, con l’attento sguardo di Scorsese, confezionando una serie televisiva di altissimo livello.