Vuole essere chiamato hairstylist il mio barbiere, ché di recente è andato a Londra per un corso di aggiornamento. Me lo ha detto qualche giorno fa, quando ci sono andato. Io sono entrato chiamandolo Dani e sono uscito chiamandolo Dani. E poi barbiere è un nome bellissimo. Non lo chiamerei mai diversamente. Era tutto infogliato lui, ha parlato in inglese quasi per tutto il tempo. O almeno lui era convinto così. Usava espressioni che neanche quel mancuniano di Liam Gallagher. Ogni tanto comprendevo qualcosa. Ma poche volte. Dipeso anche dal fatto che io l’inglese lo mastico benissimo. Ma benissimo eh.
Il mio barbiere è giovane, ha quasi 35 anni. Anzi credo abbia esattamente 35 anni. Somiglia a Paolo Maldini. Ha famiglia; moglie e due figli. Ed è un bravo ragazzo. Ama la musica. I coldplay gli piacciono un casino. Quella mattina è passata A Sky Full Of Stars e me l’ha cantata tutta. Lì l’inglese non era affatto male.
Lo conosco da quasi dieci anni il mio barbiere. Da quando portavo i capelli un po’ lunghi e lui mi stirava il ciuffo col phon. Una volta ebbe pure il coraggio di farmi biondo. Tipo, biondo. Mi disse: – Sicuro? Ma sicuro sicuro? – Sì. Cioè no. Però proviamo.
Durai due settimane, forse tre. Giusto il tempo che i capelli diventassero verdi e poi via di macchinetta. Avevo 19 anni. Fu la prima e ultima volta.
Il mio barbiere ha un sacco di clienti. Con un sacco intendo di ogni età, genere culturale, quoziente intellettivo, passioni. Ci va il quindicenne che sta sempre in tuta che entra col casco con dentro le chiavi e l’iPhone in bella vista, ma anche il cinquantenne con le maniche della camicia rotolate e la borsa di pelle da lavoro che poggia tranquillamente lì da qualche parte tanto non tocca niente nessuno. Ah e poi ci vado pure io. Con la maglietta un po’ stropicciata, i jeans e i capelli sparati in aerea giusto perché non è manco passata un’ora da quando mi sono alzato da letto e perché abito a tre minuti tre a piedi.
È un tipo meticoloso il mio barbiere. Meticolosissimo. Rimprovera spesso chi lavora per lui, li segue con lo sguardo, li consiglia, ed esige tantissimo. Punta tanto sulla pulizia. Cambia molti asciugamani e se cade un pettine a terra lui lo tira dentro il lavandino e lo lascia lì con l’acqua che scorre. Non dite che è normale se non avete almeno visto lavorare una decina di barbieri uomini.
Parla di tutto il mio barbiere. Sopra di lui c’è un televisore con Rtl 102.5 perennemente acceso e capita di commentare una notizia: politica, costume, cronaca. Dice sempre la sua. Ma con il tono di quello che dice il proprio parere senza giudizi ché potrebbe anche dire una cazzata. È abbastanza equilibrato. In quasi dieci anni non sono riuscito a capire chi voti o che squadra tifi. Forse l’Inter ma una volta ha fatto un apprezzamento alla Juve e a Conte. Dubito che un interista faccia apprezzamenti ad una squadra che non sia l’Inter. Ah, è tifosissimo di Valentino Rossi, di quello sono sicuro. Ha due fotografie appese vicino alla cassa, fianco a quelle di lui con sua moglie e i suoi figli. Quando quei due tre sabati ho avuto la pessima idea di andare – il sabato è come un centro commerciale prima della vigilia di natale – sul televisore girava la MotoGp, e lui era gasatissimo.
Non so che livello d’istruzione abbia il mio barbiere, e sinceramente poco me ne importa. È una delle persone più colte e piacevole che io conosca. Possiede buonsenso e carisma, e fa si che chiunque inciampi nel suo salone lo apprezzi. Dispone di un lessico di tutto rispetto ma se entra il macellaio che lavora affianco sfoggia un dialetto strettissimo che solo pochi eletti hanno la fortuna di capire.
Mi chiama Sa il mio barbiere. Né Salvatore né Salvo. Una volta mi ha chiamato Salvo ché qui tutti son pigri e accorciano in Salvo e io gli ho detto – No Salvo no. Salvo solo mia madre, per cortesia.
È un giovane imprenditore il mio barbiere. Al presidente del consiglio Renzi piacerebbe. È uno di quelli che ha rischiato, che ha investito anni di sacrificio nelle sue mani, nelle sue doti, mettendo su un’attività di punto in bianco e a giudicare dal suo locale, da chi lavora per lui e da chi gli dà fiducia penso proprio ce l’abbia fatta.
È bravissimo il barbiere. E non lo dico perché potrei sembrare di parte, ma è proprio bravo. Credo possa tranquillamente lavorare per stilisti o per gente che paga solo con profumati bonifici. È un curioso. Uno che lavora con passione, con destrezza. Fa molti corsi nonostante faccia questo mestiere credo da quando finì la terza media. Da quasi dieci anni nessuno mette le mani sulla mia testa se non lui. A parte qualche sporadico evento in passato per esigenze lavorative. Quando un giorno non vivrò più in questa città – perché un giorno non vivrò più in questa città – credo mi mancherà tanto. Anzi credo sia uno dei pochi motivi di cui vado fiero oggi del luogo in cui vivo. Quel ragazzo alto più o meno 180 cm, magro e con gli occhi verdi che da anni mi tratta come fossi il suo miglior amico, e che è l’esempio del sacrificio, del lavoro e dell’umiltà. Senza troppe menate, «ché in fondo in fondo un taglio di capelli è», parole sue.