L’altro giorno ho reagito male ad una notizia. Poi questa notizia si è rivelata una non-notizia perché banale equivoco e quindi è tutto rientrato: sospiro di sollievo e battiti tornati normali. Qualche ora dopo ci sono tornato a mente fredda mentre mangiavo dei biscotti al cioccolato. Fissavo il vuoto e mangiavo e pensavo e ripensavo alla non-notizia e alla mia reazione. È stata una brutta reazione e mi sono vergognato molto di me stesso. Non avrei mai pensato di reagire in quel modo, mostrando quel panico e non comportandomi da uomo prossimo ai trent’anni. E allora ripenso a tutte quelle volte che ci crediamo migliori di qualcun altro e invece no, non lo siamo prima che un qualche biscotto ce lo faccia notare.
Fuori sede
L’altro giorno sono stato fermato da due studenti fuori sede. Meglio dire che lo studente fuori sede era uno, ossìa la ragazza in compagnia del fidanzato. Mi hanno fermato sotto casa appena uscito dalla macchina. Lui sulla trentina, basso con occhiali da sole, pantaloni corti e una polo rossa con tracolla si è avvicinato in punta di piedi chiedendomi se poteva farmi una domanda. Io ho risposto di sì cosicché ha fatto cenno di avvicinarsi alla fidanzata ferma a guardare il cellulare qualche metro più in là.
Cuore e vento
Tra le tante cose fatte in Sardegna per le vacanze c’è quella di aver mangiato la coscia di pecora. Prima però ho assaggiato il pecorino coi vermi ma senza i vermi. Mi è piaciuto, come mi è piaciuta la coscia di pecora e la salsiccia che fanno lì con l’aglio. Io che l’aglio non lo mangio mai.
Appena arrivato in Sardegna una settimana fa mi sono sentito bianco come un triestino a gennaio. La mia estate iniziava sceso da quell’aereo. Ho patito il caldo. Ho patito il caldo moltissimo. Sudavo. Sudavo da fermo, dormendo, camminando, sudavo mentre facevo la doccia. Sudavo come un maiale. Maiali che ho visto da vicino, o meglio dire: ci ho camminato intorno come fossero dei semplici cuccioli di cocker.
Vuoto
Accadono cose che ti temprano l’anima. Eventi che ti allargano le spalle come carrette piene di cemento trainate da ragazzo. Sentimenti che nascono, crescono, appassiscono come orchidee non annaffiate, dopo averne visto lo splendore. Noi come responsabili di tutto, concentrati nel guardare cosa ci attende fuori piuttosto che soffermarci su quello che ci accade dentro. Tutti quanti presi da qualcosa di importante che non è importante per niente. Sprechiamo inchiostro, fogli, parole dette sottovoce. Dimentichiamo facce, gesti, sorrisi. E quindi vaffanculo. Urla, pianti, pugni sul muro. La paura. Ferite ingestibili come onde incazzate che di colpo ti ritrovi addosso. E via ad asciugarci. Ridere quando ridere non ci va. Emozioni. Attimi. Strade di sera piene di luci e silenzi. Aspettando che sia giusto, ma che giusto non è mai.
Tornare su
Ad un certo punto volevo chiudere il blog. Non avevo più voglia di scrivere, condividere, dire. Così me ne sono stato due mesi a farmi i fatti miei, e li ho tenuti semplicemente per me. In tutto questo tempo ho fatto diverse cose, alcune hanno anche lasciato il segno. Ho conosciuto molte persone, ho pianto, ho sorriso, ho avuto tanta paura, ma anche coraggio, ho rasato i capelli, provato la felicità per una parola detta al momento giusto, per una telefonata, un sms, un viso conoscente, un abbraccio. Ho scoperto le persone su cui posso contare, quelle vere, quelle che esistono. Sono stato a pensare, a parlare, a riprendermi, con forze che pensavo non avere. Ho camminato, a tratti anche corso, con una smorfia in faccia e un sospiro di sollievo. E infine ho anche viaggiato, indossato il costume e immerso la testa al mare, insieme a Lei, ed è stato bellissimo.