Le vacanze sono finite, settembre è alle porte e si ritorna a poggiare i piedi sull’asfalto ancora bollente della città. Io ho poggiato le dita sulla tastiera del computer per scrivere una cosa per Quarta Copertina sull’inizio di campionato difficile della Juventus. Siccome so che a qualcuno da queste parti può interessare giro il link.
Fuori sede
L’altro giorno sono stato fermato da due studenti fuori sede. Meglio dire che lo studente fuori sede era uno, ossìa la ragazza in compagnia del fidanzato. Mi hanno fermato sotto casa appena uscito dalla macchina. Lui sulla trentina, basso con occhiali da sole, pantaloni corti e una polo rossa con tracolla si è avvicinato in punta di piedi chiedendomi se poteva farmi una domanda. Io ho risposto di sì cosicché ha fatto cenno di avvicinarsi alla fidanzata ferma a guardare il cellulare qualche metro più in là.
«Un libro per l’estate»
A quasi due anni dalla pubblicazione Il tempo di un sorriso viene ancora letto. Quella blogger di Simona Chiofalo dice che l’ha divorato e che l’è piaciuto molto. Ne ha scritto una bella recensione sul suo blog.
Cuore e vento
Tra le tante cose fatte in Sardegna per le vacanze c’è quella di aver mangiato la coscia di pecora. Prima però ho assaggiato il pecorino coi vermi ma senza i vermi. Mi è piaciuto, come mi è piaciuta la coscia di pecora e la salsiccia che fanno lì con l’aglio. Io che l’aglio non lo mangio mai.
Appena arrivato in Sardegna una settimana fa mi sono sentito bianco come un triestino a gennaio. La mia estate iniziava sceso da quell’aereo. Ho patito il caldo. Ho patito il caldo moltissimo. Sudavo. Sudavo da fermo, dormendo, camminando, sudavo mentre facevo la doccia. Sudavo come un maiale. Maiali che ho visto da vicino, o meglio dire: ci ho camminato intorno come fossero dei semplici cuccioli di cocker.
Vuoto
Accadono cose che ti temprano l’anima. Eventi che ti allargano le spalle come carrette piene di cemento trainate da ragazzo. Sentimenti che nascono, crescono, appassiscono come orchidee non annaffiate, dopo averne visto lo splendore. Noi come responsabili di tutto, concentrati nel guardare cosa ci attende fuori piuttosto che soffermarci su quello che ci accade dentro. Tutti quanti presi da qualcosa di importante che non è importante per niente. Sprechiamo inchiostro, fogli, parole dette sottovoce. Dimentichiamo facce, gesti, sorrisi. E quindi vaffanculo. Urla, pianti, pugni sul muro. La paura. Ferite ingestibili come onde incazzate che di colpo ti ritrovi addosso. E via ad asciugarci. Ridere quando ridere non ci va. Emozioni. Attimi. Strade di sera piene di luci e silenzi. Aspettando che sia giusto, ma che giusto non è mai.