La vita da zingaro mi ha permesso di avere tanti insegnanti. Alle elementari ho avuto una decina di maestri perché ho cambiato ben tre scuole. Me la ricordo ancora la maestra Agata (detta Agatina): cinquantenne bionda, rossetto rosso e girocollo d’oro abbinato a orecchini sgargianti che cambiava ogni settimana. «Giambelluca tu scrivi tanto ma lo fai male, scrivi troppo sporco, n’chiappato, insomma un si capisci nenti Giambellù, come faccio a leggere se non capisco?».
Molti anni dopo, ovvero oggi, Aghata (con l’acca in mezzo al nome) ha lasciato il suo parere sulla pagina Amazon de La Rocca di Carta (che fortunatamente non ho scritto a penna). Quel commento che vi posto in basso mi ha fatto tornare in mente proprio la maestra Agatina, che per farle capire ciò che intendevo dire copiavo e ricopiavo pagine di quaderni. Infine ho pensato: chissà se sarà lei, magari quell’acca non è altro che un girocollo che unisce il nome.
«Bel romanzo. Scritto molto bene, senza fronzoli, ma con un italiano corretto e un bellissimo siciliano. Una storia di amicizia, di crescita, di emozioni e sentimenti senza essere mai sdolcinata. Bella la descrizione dei luoghi: mi ha fatto venire voglia di rivedere Cefalù. Ottima la caratterizzazione dei personaggi: sembrano lì in carne e ossa mentre leggi. Avevo letto “Il tempo di un sorriso”, primo romanzo dell’autore, ma questo mi è piaciuto di più: divertente, coinvolgente. Bravo Salvatore!»
Chiunque tu sia, grazie.