Tra le tante cose fatte in Sardegna per le vacanze c’è quella di aver mangiato la coscia di pecora. Prima però ho assaggiato il pecorino coi vermi ma senza i vermi. Mi è piaciuto, come mi è piaciuta la coscia di pecora e la salsiccia che fanno lì con l’aglio. Io che l’aglio non lo mangio mai.
Appena arrivato in Sardegna una settimana fa mi sono sentito bianco come un triestino a gennaio. La mia estate iniziava sceso da quell’aereo. Ho patito il caldo. Ho patito il caldo moltissimo. Sudavo. Sudavo da fermo, dormendo, camminando, sudavo mentre facevo la doccia. Sudavo come un maiale. Maiali che ho visto da vicino, o meglio dire: ci ho camminato intorno come fossero dei semplici cuccioli di cocker.
Sono andato al mare spesso: posti belli, bellissimi, posti che ti dànno aria, parole, che ti urlano che il mondo è anche bello là fuori (vedi foto sopra). Ho guidato tanto. Ho guidato in strade che non conoscevo, in montagne piene di curve, chiesto indicazioni, seguito chi la strada conosceva già. Ho assaggiato la ricotta sarda ma è n’anticchia-megghiu quella nostra. Ho conosciuto bella gente. Ho ascoltato belle storie. Ho cantato al karaoke. Ho cantato anche in sardo. La parola che mi piace di più è vicciucchedusu; la sto scrivendo come la dico senza passare a controllare su google.
Mi svegliavo presto e andavo a dormire tardi. Ho nuotato, rimesso una maschera da pesca. Ho anche scritto. Fino a che mi sono svegliato con una notifica che mi ricordava che c’era un volo da prendere. E sono tornato, abbronzato come i bei tempi, ricaricato come un vecchio orologio fermo anni, ma col cuore a metà. Merito di Lei, della sua compagnia, dei suoi occhi che parlano come un romanzo infinito, delle sue mani accoglienti, delle sue labbra distese, del suo modo di amarmi.
Nota a margine: ho avuto anche il tempo di compiere 29 anni e soffiare le candeline.