Fa caldo. Sono appena passate le undici di sera.
Ho sonno. È stata una giornata dura. Vorrei dormire, ma non ci riesco. Non è solo il caldo di un 8 Agosto qualsiasi, c’è qualcosa di più, qualcosa che accresce l’ansia che mi porto dietro dalla mattina, da quando mia sorella mi ha chiamato e mi ha detto che forse ci siamo, che è in ospedale, e presto saranno in tre.
Sono passate quasi 15 ore da quella chiamata. Le telefonate diminuiscono. Ha sempre meno voglia di parlare, di scherzare. I dolori aumentano.
C’è lui con lei. Le stringe la mano dalla mattina. Le dice di stare calma e tranquilla, ché poi passa.
Il caldo diventa sempre più afoso. Apro la finestra ma sembra peggio. Le luci di casa sono spente, tranne quella del soggiorno, dove mia madre si è addormentata sul divano con gli occhiali e la tv accesa. Ma è solo questioni di minuti prima che si rialzi e controlli il cordless e il cellulare che ha vicino.
Mi convinco di dormire. Tanto ogni momento potrebbe essere quello buono. Mi giro e rigiro nel letto.
Quando apro gli occhi sento la voce di mia madre. Sta parlando al telefono, neanche finisce un secondo che poggio il piede a terra e le corro incontro. È al buio, sul suo lettone. Sorride. Un sorriso di sollievo.
«È nata» dice, «è nata».
Rimango impassibile e la osservo mentre le fa domande che soddisfano la sua curiosità.
Capisco che è andato tutto bene.
«Passamela» le dico.
Lei mi poggia il telefono che sembra caldo, e io ho una voglia matta di sentire la voce di una delle persone più importanti della mia vita.
«È nata, Sa, è nata», mi dice con tono stanco e soddisfatto.
Sento la felicità che mi assale. Sento il mio cuore che batte forte e vorrei correre scalzo fino a Bergamo. Che si sa che Palermo – Bergamo a corsa è un attimo.
«Com’è? Come sta? Come state?»
«Bene, stiamo bene. È bellissima Sa. Pesa tre chili e trecento grammi».
Mentre lei parla chiudo gli occhi e cammino. Mi avvicino alla finestra e immagino il suo viso stanco e felice.
Le parlo un po’, poi la saluto e ripasso il telefono a mia madre che è al settimo cielo ma stremata dall’ansia.
Torno in camera mia. Controllo l’orologio: sono le 2 e 46.
Mi rimetto a letto. Sento che ora posso dormire, forse. Ma non è così. Perché in una notte così non si può dormire. In una notte così pensi alla vita, alla vita vera, quella che inizia ed è meravigliosa.
È una notte speciale. È una notte che non dimenticherò mai, di quelle in cui vedi il sole apparire al di là del mare.
Un’ora dopo mi vibra il cellulare. È un messaggio, su whatsapp. Lo apro con calma, come ad aprire una porta che mi presenterà una persona che amerò per il resto della mia vita.
È Aurora. Ed è bellissima.